INCOLTA
Progetto curatoriale di arti visive e performative contemporanee
di Diana Caponi e Giulia Pigliapoco

Incolta nasce con l’obiettivo di osservare e indagare il panorama artistico contemporaneo tentando di dar vita a nuove pratiche di produzione, nuove costellazioni e spazi di discussione. Attraverso una tessitura di linguaggi artistici differenti che inglobano l’arte visiva e performativa, il gesto curatoriale diviene re-immaginato e inteso come un dispositivo, un processo che attiva, traccia e re-iscrive il territorio di Valle Cascia.
Incolta è un processo di ricerca costituito da collaborazioni, uno spazio selvatico apparentemente trascurato, ma pieno di sotterranee e inviste germinazioni che combinate e coltivate, creano un terreno generativo che porta a fioritura opere d’arte, architetture, luoghi, persone, contesti, saperi e discipline differenti. Queste dinamiche hanno lo scopo di fondare nuove comunità istantanee, luoghi del tempo libero, spazi di margine non strutturati e scomodi, territori d’elezione delle diversità che producendo nuove realtà temporanee, trasformano e condizionano l’esperienza della condivisione modificando lo spazio della socialità e dello stare.
2024
ADERENZE.
Pratiche di avvicinamento
A cura di Diana Caponi e Giulia Pigliapoco
con Gaetano Palermo e Michele Petrosino, Gloria Dorliguzzo, Esther Fantuzzi, Margherita Morgantin, Impero della Luce, Marzia Migliora, Daniele Pilla.
In collaborazione con: Michele Anelli-Monti e Margherita Fiorini
con il contributo di Francesca Alfano Miglietti

La VI edizione de “I fumi della fornace” ha come tema portante la Conversione. Il progetto curatoriale Aderenze: pratiche di avvicinamento tenta di abbracciare il tema in maniera ampia e trasversale, dando la possibilità a pratiche e linguaggi artistici differenti di interrogarlo da più punti di vista. Per conversione intendiamo un passaggio, una trasformazione e un mutamento di qualcosa che può essere visibile o invisibile. La conversione è concepita come una turbolenza di atti continui, come giustapposizione di relazioni, di prossimità, di campi di forze e di conflitti. I corpi, umani e non, sono corpi politici, sociali e culturali, esseri fatti di incastri che co-dipendono nello spazio, nel luogo e nel tempo. È necessario, per ragionare sul tema della conversione, avvicinarsi all’idea che tutto sia compenetrazione del tutto, che naturale e artificiale abbiano uguale legittimità d’esistenza e che facciamo parte di un dispositivo complesso e organizzato in cui il mutamento è divenuto il risultato di un processo culturale. I corpi si modellano, si costruiscono e si disfano. Il reale si inserisce nei corpi ricostruiti, manipolati, alterati. Il tempo e lo spazio, l’atmosfera, le plastiche, le pietre, le piante, l’elettricità, diventano il punto di partenza per ripensare a un mondo che si fondi sulla contaminazione.
Il secondo movimento Atti fondamentali, parte da Valle Cascia - periferico vuoto significante che chiede la propria venuta al mondo - per tentarne l’occupazione. Qui è possibile rifondarsi simili a se stessi, in un’opera di cinque atti: alfabeto, fondazione, liturgia, erotismo e tanatosi. Ancestrale, la calce torna distillata dal latte dei sogni a prestarsi come inchiostro con cui riscriversi: una città effimera a una nuova chiesa. Per farlo, bisogna allenare il corpo e le nostre strutture percettive per poter considerare in maniera equivalente corpi, spazi, architetture, paesaggi e luoghi. Considerarci come agenti che generano e mutano anche silenziosamente il circostante, lasciando che le nostre vibrazioni negozino con le vibrazioni della materia intorno a noi. La conversione è un evento.
Crediti
Scenografie e allestimenti:
Luca Luchetti Allestimenti: Matilde Luzi, Chiara Converti, Irene Falsone, Sofia del Zozzo, Sofia Domeniconi
Supporto tecnico:
Enrico Bordoni
Stampa:
Grafiche Fioroni
Si ringrazia:
Francesca Alfano Miglietti
Produzione:
Congerie

























2023
DINTORNI.
Teorie e pratiche per corpi sonori
A cura di Diana Caponi e Giulia Pigliapoco
in dialogo con Edoardo Lazzari
con Cesare Pietroiusti, Elena Rivoltini, Gaetano Palermo/Michele Petrosino, Matteo Lucca, Paolo Migliazza, Parini Secondo, Kratu (Serena Dibiase), Gianmaria Borzillo.
con il contributo di Malvina Borgherini

“La voce proviene dal ribollìo vitale del sangue, nel quale risiede il movimento vitale del corpo”. - Corrado Bologna, Flatus vocis
Cosa significa mostrarsi in voce? Si può sfuggire ad una voce che è essa stessa corpo, materia, vibrazione ed evento? Come ci si inchina, come si desidera attraverso essa, attraverso la violenza che crea?
Il progetto curatoriale DINTORNI. Teorie e pratiche per corpi sonori parte da questi interrogativi per indagare la voce e l’alterità nelle sue più ampie sfumature. La voce, essa stessa linguaggio, produce spazi acustici esperiti come spazi liminali, come spazi di continui mutamenti, passaggi e metamorfosi. Il corpo diviene così cassa di risonanza che vibra nell’emissione e nell’ascolto della voce, diviene la medesima abitazione dell’essere, il suo eco crea e inventa mondi, atmosfere, spazi e sensazioni.
Il progetto curatoriale si snoda attraverso molteplici riflessioni che indagano, tra le altre, la presenza del corpo individuale e collettivo nello spazio, il rapporto tra voce e relazionalità, l’espressione soggettiva tra il visibile e l’invisibile. Con una programmazione multidisciplinare comprensiva di otto ospiti, il progetto si propone come un incontro polifonico di voci, passaggio di organismi in mutamento, invito ad esplorare la materia propria e altrui in un rinnovato spazio terreno.
Crediti
Architettura:
Lorenzo Malloni
Assistente alla curatela e ufficio stampa:
Stella Liantonio
Allestimenti:
Matilde Luzi, Anita Lombardi, Ksenia Gazzoli, Eleonora Fanini
Supporto tecnico:
Enrico Bordoni, Simone Doria
Stampa:
Grafiche Fioroni
Immagine in manifesto tratta dall’opera:
Go vertical Y di Simone Doria
Disegni tratti da:
Disegni tecnici di Lorenzo Malloni
Un ringraziamento speciale:
Luciano Pigliapoco, Primo Caponi
Produzione:
Congerie

























2022
DIMORA SUL LIMITE.
Passaggi per organismi diffusi
a cura di Diana Caponi e Giulia Pigliapoco
con Roberto Paci Dalò, Cristina Rizzo/Lucia Amara, Gaetano Palermo, Mauro Campagnaro, Lorenzo Malloni.

"Nomade o marinaio, sempre, tra lo straniero e lo straniero, vi è - mare o deserto - uno spazio delimitato dalla vertigine alla quale entrambi soccombono." - Edmond Jabès, Viaggio nel viaggio

























Per ripensare l’abitare.
Si può contenere il deserto? Come si disabita? Come si è nomadi in uno spazio limitato, circoscritto? Come rimanere fermi in uno spazio in movimento? Come si è nomadi se il viaggio è immobile, inatteso, sotterraneo, impercettibile?
Esiste un luogo in cui spazio, durata, atmosfere, percezioni e corpi stanno sullo stesso piano?
Questi sono solo alcuni interrogativi che fanno da traccia al progetto, la cui ricerca si delinea su tre macroaree tematiche: legami che si innescano tra individui e il territorio, relazione tra corpi e organismi sotterranei, architetture dei corpi e dello spazio. Cinque mostre, all’interno di strutture provvisorie, gazebi performativi, recinti, cantieri aperti che ri-pensano e ri-plasmano il territorio di Valle Cascia creando una serie di costellazioni germinali nelle quali installazioni sonore, performance, video art, oggetti trovati, manufatti, documenti, sono raccolti per affrontare i temi proposti.
Crediti
Progettazione delle strutture:
Lorenzo Malloni in collaborazione con Francesca Caloi, Alice Muda
Gruppo di realizzazione delle strutture:
Francesca Caloi, Francesco Corsi, Elisa Michelini, Alice Muda, Nicola Pittau, Daniele Quintabà
Sound design:
Simone Doria
Documentazione fotografica:
Enrico Bordoni, Chiara Bruschini, Gianmaria Pennesi, Serena Scarpacci
Documentazione video:
Giulio Malloni
Materiale di stampa:
Tipolitografia Grafiche Fioroni
Un ringraziamento speciale a:
Primo Caponi, Luciano Pigliapoco
2021
ATLANTE
A cura di Diana Caponi e Giulia Pigliapoco
con Enrico Pantani, Gilberto Carboni, Lorenzo Malloni, Pietro d'Agostino, Fabio Orecchini, Delia Simonetti/Gaia Ginevra Giorgi, Greta Chiaravalle, Lucia Bonomo, Mario Naccarato, Emanuele Resce/Valentina Avanzini.

Una lenta pietrificazione non sta risparmiando nessun aspetto della vita. È come se nessuno potesse sfuggire allo sguardo ineluttabile della medusa. Ciò che terrorizza maggiormente l’uomo in questo periodo storico è l’attesa di un nuovo secolo che persevera a non arrivare e l’incubo che non ci possano essere altri mondi possibili. L’uomo d’oggi non è più abituato a narrare storie, a immaginare luoghi nei quali esseri diversi interagiscono e dialogano tra loro. Lasciarsi trasportare dalle immagini della mitologia, ripartendo da Atlante e Perseo per ritrovare un’allegoria del rapporto tra il poeta e il mondo, tra l’uomo e il mondo, tra il mondo e il mondo. Lasciarsi depositare nella memoria, meditare su ogni dettaglio e navigare in una nuova narrazione mitologica è ciò a cui si dovrebbe tendere.
Esercitarsi al mito in questo periodo storico significa avere una visione alternativa che abbracci la prospettiva dell’immaginario. Ripensare ad un linguaggio, un sistema di segni che funga da matrice per una nuova partenza, che non sia soluzione ma forma esterna modellabile, che diventi contenitore d’immaginazione altra e che da questa si lasci plasmare. Un viaggio a ritroso dove l’unico scopo sarà quello di trovare il segno originario di una mitologia a venire. Recuperare la responsabilità di Atlante nei confronti del mondo per riscattarsi dalla pietrificazione cui ormai anche l’uomo moderno è soggetto, non più sostenitore del mondo ma dominatore e colpevole di una catastrofe che tarda la sua fine, eliminando la possibilità di rinizio.
Come scrive Gilles Deleuze “All’interno dell’ideale del ricominciare vi è qualche cosa che precede lo stesso inizio, che lo riprende per approfondirlo e farlo indietreggiare nel tempo”. Un linguaggio dell’andare e del ritornare, capace di produrre una traccia che procede verso la cancellazione di essa, riscrivendone al contempo delle altre. L’invito è quello di seminare il viaggio del proprio linguaggio e sottolineare la propria urgenza, o meglio l’urgenza del destino per poter rispondere a questa catastrofe e saper ricreare da essa una nuova origine. Lo scopo è quello di costituire Atlante: mappa e spazio protetto di interconnessioni tra matrici dove l’immaginazione non potrà essere colonizzata.















Scrive Matteo Meschiari: "Ogni alternativa coincide con la fine. Ogni fine è un inizio solo se si ricomincia a narrare".