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CORRISPONDENZE DALLA VILLEGGIATURA

La rassegna Corrispondenze dalla villeggiatura è dedicata agli artisti spirito-guida dell’impianto filosofico e poetico de "I fumi della fornace". Una rassegna nata come opera di recupero e valorizzazione di eccellenze artistiche che, nel corso della propria esistenza, hanno segnato il territorio marchigiano lasciando tracce e memorie di inestimabile rilevanza, offrendo una visione altra del luogo. Omaggi che non esauriscono il biografico, ma interessati a ciò che lo evade, ai resti e alle corrispondenze inedite che lumeggiano quel che germina all’ombra. Progetti che testimoniano come la restituzione di memorie artistiche passate possa riattivare nel presente occasioni di scambio e crescita culturale che, nello spazio d’incontro creato dal festival, non restano appannaggio di élite intellettuali, ma aperte a tutta la popolazione in un’ottica comunitaria.

2023
Sul greto dell'arsura.
Franco Ferrara e il deserto della voce

A cura di Valentina Lauducci

E aver raccolto il deserto nel cavo della gola

Aver nutrito col sangue l’indifferenza delle pietre

(…)

Aver scavato parole per alimentare le vene

             e disciolto ogni vena per ricomporla in parola

                             e da labbra umane essere dissolto in suono.

 

Questo intendevo dire.

- Franco Ferrara

Sul greto dell’arsura è un omaggio a Franco Ferrara, figura di uomo e di poeta fra le più straordinarie del nostro Novecento, a dispetto della lunga amnesia che ancora accompagna il suo nome. Autore di versi dalle molte ascendenze, ma unici e personalissimi nell’inflessibile ricerca della dimensione altra del segno, Franco Ferrara ha indagato la «sostanza millenaria» dell’uomo moderno, percorrendone quell’oasi sottile, spirituale e materica, che è il sogno espressivo della parola. Nella forte e viscerale musicalità dei suoi poemi, calati nel diastema «di un irraggiungibile assoluto», i suoni e i riverberi consegnano alle cose una vita che si colloca al di là «del dominio strumentale del linguaggio».

Docente, oltre che poeta, indefesso studioso, esploratore, critico d’arte, fondatore di riviste letterarie, autore televisivo in Rai, a partire dal 1960 la sua silenziosa presenza attraversa tre decenni di storia letteraria italiana, con oltre una ventina di libri pubblicati, tra i quali le memorabili Lettere a Natasha (1986), Imżad (Premio Gozzano nel 1989) e Questo intendevo dire (1990).

Pur essendo nato e vissuto a Roma (1935-2014), dove intrattenne assidue frequentazioni con l’avanguardia artistica degli anni ’70, Franco Ferrara ha trascorso anche parte della propria vita nelle Marche, in aperto dialogo con personalità della scena culturale e letteraria del territorio, nonché per legami affettivi e famigliari.

Nelle sue opere, che da decenni persistono a sottrarsi alla violenza classificatoria, il greto del testo si appella di continuo all’altrove del viaggio e del deserto; non solo quello dell’Africa sahariana, dove pure è stato nel corso delle molte spedizioni che tra gli anni ’80 e ‘90 condusse, sotto l’egida dell’Unesco, alla scoperta delle vie carovaniere utilizzate dai Romani, ma anche quello scavato e innervato «nel corpo delle adunanze», delle reminiscenze fossili, del silenzio che trattiene l’alba di due eternità. Interessato a dire del mondo il suo aspetto mitico, è in vivo rapporto con la voce del silenzio, la voce che risuona dal deserto, terra di fondazione del verbo che irradia, il canto di un amore universale che riveste tutte le cose e le fa rivivere oltre la castrazione della forma.

In mostra le numerose edizioni poetiche, tra cui i curatissimi volumi delle Opere complete Ripostes e il meraviglioso romanzo incompiuto Ritorno all’Indie Meridiane; un assaggio, poi, dei materiali inediti come le corrispondenze private (con figure di spicco del panorama culturale italiano quali Marzio Pieri, Domenico Brancale, Luciano Caruso, Marcello Napoli, Rubina Giorgi, Davide Argnani e molti altri), fotografie, appunti, annosi articoli di giornale testimonianti le sue spedizioni archeologiche, rarissime tracce audiovisive; il tutto, a restituzione del ritratto di un uomo-artista che della voce poetica ha fatto interpellanza «sul possibile del segno», nella serrata esplorazione dell’alchimia della parola.

Una poesia, la sua, che si colloca «oltre il letargo del tempo presente», fino a diventare canto, viaggio nella luce, mattino di un altro mondo.

 

Crediti

Si ringrazia, per il reperimento dei materiali e per la loro concessione, Maria Raffaella Mariani, Arturo Morelli, Gianluca Armaroli, Domenico Brancale, Jacopo Gandolfi e Giorgiomaria Cornelio; per la scrittura dei testi Gianluca Armaroli; per l’elaborazione del manifesto Francesca Torelli e Paolo Rinaldi; per il progetto grafico dei materiali in mostra Marianna Casafina; per il progetto di allestimento Erika Gliozheni; per la documentazione fotografica Samuel Cimma, per la stampa le Grafiche Fioroni; infine, l’associazione culturale Nie Wiem e la casa editrice Argolibri.


 

* Le parti tra virgolette nel testo sono tratte dalla curatela del volume Il cielo era già in noi di Franco Ferrara, edito da Argolibri nel 2023.

2022
Rubina Giorgi. La scena del possibile

A cura di Valentina Lauducci

Scienza e poesia, filosofia e linguaggi, non hanno in comune un'arte di figurare il possibile? - Rubina Giorgi

"La Scena del Possibile" raccoglie l’eredità di ciò che trabocca dalla pluriversa e verticale Rubina Giorgi, studiosa che ha dedicato la propria vita alla ricerca di un’idea altra dell’uomo e del mondo, oltre la sistemazione di pensieri già pensati.

Filosofa, poetessa, docente, saggista, scomparsa nel 2019, ha vissuto gli ultimi diciannove anni a Macerata, rappresentando un punto di riferimento per gli artisti del territorio, attratti dall’abissalità del suo orizzonte cosmosimbolico. 

Un omaggio che non esaurisce il biografico, ma si interessa a ciò che lo evade contro un’idea dormiente del mondo, distante dai risvegli della filosofia iniziatica rubiniana, nel segno delle "Corrispondenze dalla villeggiatura": rassegna dedicata ai roveti ardenti (agli artisti spirito-guida, ai maestri) dell’impianto filo-poetico de I fumi della fornace. 

In mostra testimonianze della sua collaborazione con il critico teatrale G. Bartolucci e alcuni dei più importanti gruppi teatrali d’avanguardia della scena italiana (Socìetas, Il Carrozzone/Magazzini Criminali, Teatro Rebis, Sperimentale Teatro A), corrispondenze private inedite e non con figure eminenti del panorama artistico italiano (L. Saffaro, A. Tagliaferri, S. D’Ambrosio, E. Grasso, D. Brancale, F. Ermini, A. Fazzini et al.) e pubblicazioni filosofiche sull' "arte di figurare il possibile" attraverso la potenza del Symbolon: fonte sorgiva in eccedenza, figura fondativa e di scambio. 

Il concetto del possibile contribuisce ad ampliare le possibilità stesse del dispositivo artistico, teatrale e immaginativo de I Fumi della fornace, come un qualcosa che incide, segna il mondo e lo fa nuovo di volta in volta. Una mostra e una festa come luoghi di un apprendimento continuo, per chi viene in visita e per chi vi opera.

Si ringrazia, per il reperimento dei materiali e per la loro concessione, Alessandro Tesauro (Rubina Giorgi Archive), Andrea Fazzini (Teatro Rebis), Allí Caracciolo e Maria Novella Gobbi (Sperimentale Teatro A), Domenico Brancale, Elio Grasso, Giorgiomaria Cornelio; per il manifesto Nicola Tirabasso; per il progetto grafico dei materiali in mostra e per l’allestimento Sara Durgali; infine, per la stampa, le Grafiche Fioroni.

2021
Bestie e io
mostra dedicata a Dolores Prato

a cura di Elena Frontaloni
in collaborazione con Veronica Formiconi

Dolores Prato è stata una delle più felici e feconde scrittrici di forme brevi del Secondo Novecento, come dimostrano le smaglianti schede linguistiche incluse nel postumo libro Le Ore, il racconto edito in vita Scottature, il libro con i suoi Sogni ma anche alcuni meno noti progetti di racconti e di libri d’aforismi e di frammenti narrativi che la stessa autrice definisce tali e che imperiosamente chiede di non leggere come sfogo, diario intimo, mere pezze d’appoggio per altri libri e vanno dunque esclusi da un uso semplicemente documentario, per essere piuttosto inseriti a pieno titolo tra le sue prove migliori (in una lettera ad Alessandro Bonsanti del 1981, a dire il vero poco citata, l’autrice, donando le sue carte, afferma di aver scritto “centinaia, forse migliaia di aforismi” e scritti brevi rimasti inediti).

 

Nei suoi testi, inoltre, a più riprese l’autrice ha affrontato il tema delle piccole bestie, generalmente non viste o non percepite dagli esseri umani e invece da osservare con attenzione, per dare almeno alla letteratura l’opportunità di contestare le strettoie miserevoli di ogni sapere rigidamente precostituito sull’esistente.

 

La mostra Bestie e io poggia su queste due idee e sulla consapevolezza che la scrittura sempre potente e acuminata, sempre vocata alla frantumazione e all’inconclusione di questa autrice sia linfa vitale non solo per i lettori ma anche per artisti in corso. Presenta dunque, oltre alle scritture di Dolores Prato, le opere originali, create per l’occasione, di Nicoletta Calvagna (partiture visive), Francesca Rossi Brunori e Lucamatteo Rossi (opera audiovisiva). Il visitatore è invitato per prima cosa a percorrere l’Isola delle formiche, costruita su una prosa d’ambientazione marina e con doppio finale; di seguito, potrà visitare l’Arcipelago delle piccole bestie, per leggere testi tolti dal più ampio e definito progetto di scrittura per aforismi e frammenti di Dolores Prato, intitolato dall’autrice Io. L’opera audiovisiva Alzare il mondo approfondirà la storia della resistenza nello sguardo e nella scrittura di Dolores Prato quale grande scrittrice d’aforismi in un Novecento, italiano e non solo, poco florido quanto a voci femminili versate in questa forma di scrittura breve. Per finire, sotto un tavolino si potranno pescare due piccoli doni: un passo sul tema delle piccole bestie tratto dalle opere edite di Dolores Prato e un frammento visivo di Nicoletta Calvagna.

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